Il costo dell’energia rappresenta oggi una delle principali voci di spesa nei bilanci delle imprese: in Europa, secondo gli ultimi dati, l’energia incide fino al 20% sui costi totali di produzione per le industrie ad alta intensità energetica, con impatti ancora maggiori in alcuni settori. Tuttavia, nonostante i progressi tecnologici, una quota significativa dell’energia impiegata viene ancora dispersa sotto forma di calore residuo, traducendosi in sprechi e costi aggiuntivi per le aziende. In un contesto segnato dalla volatilità dei prezzi energetici – come abbiamo osservato negli ultimi due anni a seguito delle crisi geopolitiche ed economiche – questa incidenza può addirittura aumentare, mettendo a rischio la marginalità e la competitività delle imprese. Recuperare il calore disperso dal processo significa trasformare uno spreco energetico in risorsa utile. Significa ridurre i consumi fino al 25-30%, tagliare i costi, e rendere la propria azienda più competitiva e, quindi, meno vulnerabile all'incertezza dei mercati energetici.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Brizzi, General Manager di Renovis.
1. Quali sono oggi le principali fonti di calore di scarto e in quali settori si trovano le maggiori opportunità di recupero?
Il calore di scarto è una forma di energia termica generata nei processi industriali che, in assenza di sistemi di recupero, viene solitamente dispersa nell’ambiente. Le fonti più comuni includono i fumi di scarico di forni, caldaie, motori endotermici e turbine, ma anche fluidi di processo caldi o vapore in eccesso.
I settori dove queste dispersioni sono più consistenti – e quindi le opportunità di recupero più rilevanti – sono, come dicevamo prima, quelli energivori: vetro, acciaio, cemento, chimica, carta, tessile e alimentare. In questi comparti, le temperature elevate e i flussi continui rendono il calore di scarto non solo recuperabile, ma spesso anche facilmente riutilizzabile all’interno dello stesso ciclo produttivo. È importante sottolineare che la qualità del calore – ovvero la sua temperatura – determina in larga parte l’applicabilità delle tecnologie di recupero. Fumi ad alta temperatura possono essere usati per generare vapore, mentre quelli a media e bassa temperatura possono alimentare sistemi di riscaldamento, teleriscaldamento o anche essere trasformati in acqua fredda tramite l’utilizzo di assorbitori.
2. Quali tecnologie rendono oggi possibile il recupero di calore in modo efficiente ed economicamente sostenibile? Ci può illustrare come opera Renovis in questo ambito?
Le tecnologie a disposizione sono molteplici e sempre più sofisticate, pensate per trasformare quella che un tempo era considerata una perdita in una risorsa preziosa. Renovis, con la sua esperienza e competenza, si inserisce in questo panorama con soluzioni su misura che intercettano il calore residuo proveniente dai processi industriali e lo convertono in energia riutilizzabile in forme diverse.
La conversione del calore recuperato in fonti termiche riutilizzabili avviene, nel cuore dell’impianto, tramite uno scambiatore di calore. Esistono diverse tipologie di scambiatori, differenti per natura, funzione, materiali, dimensioni. Ad esempio, negli scambiatori a pacco alettato (fumi-acqua), i fumi investono la batteria e riscaldano l'acqua in direzione controcorrente, in modo tale da massimizzare lo scambio termico.
Gli scambiatori di calore permettono di trasferire energia termica da un fluido caldo a uno più freddo senza che si mescolino, recuperando così calore da fumi esausti o fluidi termici. Un’altra tecnologia chiave sono i generatori di vapore a recupero, che utilizzano il calore residuo per produrre vapore senza bisogno di ulteriori combustibili, un processo efficiente e sostenibile che Renovis implementa grazie alla tecnologia innovativa “Heat Pipe” per generare vapore saturo a pressione controllata. In settori particolarmente esigenti come quello alimentare o chimico, Renovis sfrutta anche sistemi ad assorbimento capaci di trasformare il calore in energia frigorifera. Questi impianti permettono di produrre freddo sfruttando il calore di scarto, riducendo drasticamente la dipendenza dall’energia elettrica tradizionale per la climatizzazione e i processi produttivi.
Ad esempio, nella produzione di energia frigorifera, l'acqua calda viene utilizzata come la fonte termica di un assorbitore: tramite l'ingresso nel sistema di acqua calda, viene raffreddata una portata d'acqua. Questa può essere utilizzata per i processi dello stabilimento o per la climatizzazione.
Ma la vera innovazione sta nella capacità di Renovis di integrare sistemi di cogenerazione, trigenerazione, dove energia elettrica, calore e freddo vengono prodotti simultaneamente da una stessa fonte energetica con i sistemi di recupero, in un approccio circolare ed olistico. Questo approccio consente di massimizzare l’efficienza complessiva e ridurre gli sprechi, trasformando l’intero impianto industriale in un sistema energetico virtuoso. Il valore aggiunto di Renovis non è solo tecnologico, ma anche strategico: accompagniamo le imprese in un percorso di innovazione e sostenibilità che mira a contenere i costi energetici, minimizzare gli sprechi e ridurre l’impatto ambientale.
In qualità di EPC contractor, Renovis non si limita a progettare e realizzare impianti di recupero termico ad alta efficienza: è anche in grado di sostenerne direttamente l’investimento attraverso contratti a performance (EPC, PPA, ESCo). Questo modello contrattuale permette alle imprese di accedere a soluzioni tecnologiche avanzate senza impegnare capitali iniziali, vincolando il ritorno economico ai risultati ottenuti in termini di risparmio energetico e riduzione delle emissioni.
In questo modo, Renovis si configura come partner strategico nella transizione verso un’industria più sostenibile, affiancando il cliente lungo tutto il percorso: dall’analisi preliminare alla progettazione, dalla realizzazione alla gestione post-intervento, garantendo performance e ritorno sull’investimento.
Il recupero del calore di scarto è una leva fondamentale per ridurre l’impatto ambientale delle attività industriali. Innanzitutto, consente di abbattere in modo significativo le emissioni di CO₂ e di altri inquinanti legati alla combustione di fonti fossili. Questo contribuisce in maniera diretta al raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione previsti dal Green Deal e dal pacchetto “Fit for 55”, che impongono una riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030.
3. Può raccontarci un caso concreto in cui Renovis ha realizzato un impianto di recupero calore con impatti significativi in termini di efficienza e sostenibilità?
Un caso interessante riguarda un impianto di recupero calore a doppio stadio, progettato per una realtà industriale leader nel settore della produzione di prodotti da forno. L’impianto sfrutta l’energia termica contenuta nei fumi di scarico provenienti da 10 camini di un forno a tunnel. Il primo stadio prevede la produzione di vapore a 5 bar tramite un generatore di vapore a recupero basato sulla tecnologia del heat pipe. Questa tecnologia permette di sfruttare in modo efficiente il calore residuo, producendo vapore a costo praticamente zero, che viene utilizzato direttamente per le necessità produttive dello stabilimento.
Il secondo stadio di recupero è invece dedicato al riscaldamento di acqua da 70°C a 90°C, attraverso il prelievo e il reinserimento di una portata d’acqua nella linea di ritorno del circuito chiuso di stabilimento. Quest’acqua calda viene utilizzata sia per integrare le esigenze di processo sia per il mantenimento del microclima invernale dei reparti produttivi. Prima dell’installazione di questo impianto, entrambi i vettori termici (vapore e acqua calda) venivano prodotti tramite caldaie alimentate a gas naturale. Il sistema di recupero calore ha consentito quindi un significativo risparmio sul consumo di metano, con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera.
I benefici concreti dell’impianto sono molto rilevanti: un risparmio annuo di energia termica pari a 3.536.000 kWh, un risparmio di energia primaria di 304 Tep, un risparmio di gas naturale di 365.000 Sm3 e una riduzione di emissioni di CO2 di 712 tonnellate all’anno. Inoltre, il payback dell’intervento si attesta intorno ai 36 mesi, a testimonianza dell’efficacia economica e ambientale di questa tecnologia.