Siamo abituati a ragionare sulla transizione energetica con orizzonti temporali brevi, come il 2030, e su obiettivi che, pur ambiziosi, restano di corto respiro. Ma il vero salto di qualità richiede una visione di lungo periodo, che guardi con decisione al 2050: solo così potremo dotarci di strumenti normativi e di politiche adeguate per realizzare la capacità rinnovabile e di accumulo necessaria a raggiungere la neutralità climatica.
In questo contesto, il mercato italiano è già tra i più armonizzati, sofisticati e innovativi d’Europa. La transizione è guidata da una Route-to-Market (RtM) regolamentata, scelta quasi obbligata per il nostro Paese, dove un approccio puramente merchant rischia di essere incompatibile con gli obiettivi del 2030 e oltre, anche per il pericolo di cannibalizzazione dei prezzi.
In questo senso, l’Italia ha saputo sfruttare al massimo le opportunità offerte dal nuovo market design europeo, che segna una svolta storica rispetto alla posizione della Commissione Europea, tradizionalmente orientata a tutelare la liquidità del mercato spot. Oggi si promuovono invece strumenti di lungo termine come i Contract-for-Difference e i Power Purchase Agreements, indispensabili per ridurre i rischi di investimento attraverso revenues stabili.
Il processo di decarbonizzazione italiano nel settore elettrico si materializza quindi in un percorso pianificato e guidato dalla remunerazione regolata. Questo sia dal punto di vista della generazione, con il FER X, FER 2 e l’Energy Release, sia dal punto di vista della flessibilità, con il MACSE.
Regolazione non deve tradursi, però, in una strozzatura delle RtM alternative. E qui giace la principale innovazione del mercato italiano: la frazionabilità degli asset. La maggior parte dei meccanismi di supporto consente infatti agli operatori di modulare l’esposizione al mercato e di combinare le revenues regolate con PPA e altri strumenti virtuali o fisici. Questo rappresenta un vantaggio competitivo e apre nuove prospettive di ottimizzazione e di bricolage della RtM.
Ma è fondamentale pensare al “dopo”: cosa accadrà superato il 2030? Se avrà il successo sperato, il FER X contrattualizzerà circa 60 GW di nuova capacità rinnovabile da qui fino al 2029, mentre il MACSE coprirà i fabbisogni di flessibilità al 2030, circa 71,5 GWh, ma occorre già ora interrogarsi sulle strategie per proseguire il percorso verso la neutralità climatica.
Per raggiungere questo obiettivo, secondo gli scenari di copertura della domanda elettrica al 2050 di Terna (senza nucleare) saranno necessari 270 GW di capacità rinnovabile e 216 GWh di accumuli. Guardando alla capacità installata oggi e prospettica al 2030, non siamo nemmeno a metà strada. Il vero banco di prova sarà la capacità dell’Italia di trasformare le tappe intermedie in un percorso strutturato e lungimirante, disegnando le giuste politiche di supporto, dal permitting agli incentivi.