Aggiornato alle 18:34 del 26 luglio 2024

Aree idonee Fer, la nuova bozza di DM: Regioni protagoniste

Le novità  sul percorso, norme specifiche per le amministrazioni a Statuto speciale, piccoli aggiustamenti sul burden sharing. Il provvedimento atteso in Unificata

Arriva la nuova bozza di decreto aree idonee Fer che tiene conto delle modifiche approvate in commissione Ambiente, Energia e Sostenibilità della Conferenza delle Regioni e delle novità per il FV in aree agricole introdotte dal DL Agricoltura, all’esame del Senato.

La bozza prevede un ruolo da protagoniste per le Regioni nella definizione delle aree. Ad anticipare questa centralità era stata la scorsa settimana la Sardegna, coordinatrice per l’energia in Conferenza delle Regioni, sottolineando che gli emendamenti approvati dagli assessori in sede tecnica evidenziano “in maniera inequivocabile che a decidere sulle aree idonee siano le Regioni”. E in effetti rispetto alla precedente bozza di DM (QE 13/7/23), che la presidente sarda Todde aveva definito “irricevibile”, i cambiamenti per il ruolo delle Regioni sono evidenti.

Previste anche disposizioni specifiche per le Regioni a Statuto speciale e le Province di Trento e Bolzano che provvedono all’attuazione di quanto previsto nel DM ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione (articolo 9). Tra le Regioni a Statuto speciale, si ricorda, rientrano Sicilia e Sardegna, rispettivamente prima e quinta Regione in termini di GW Fer aggiuntivi al 2030.

Lo schema di provvedimento Mase, di concerto Masaf e Mic, è atteso ora in Conferenza Unificata per l’acquisizione dell’intesa (la riunione potrebbe tenersi la prossima settimana).

Il ministro Pichetto, dopo il confronto di “avvicinamento” delle posizioni con la presidente Todde, ha detto che l’iter sarà chiuso in tempi brevi, indicando come termine “metà giugno” (QE 23/5). Ma vediamo cosa dice la bozza.

La ripartizione degli 80 GW al 2030

Composto da 10 articoli, il provvedimento – previsto dall’articolo 20 del D.Lgs 199/2021 e atteso da due anni – individua, all’articolo 2,  il cosiddetto “burden sharing”, ossia la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere i target Pniec e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto “Fit for 55”, anche alla luce di “Repower UE”.

Su questo punto, in linea con le anticipazioni, non ci sono particolari cambiamenti rispetto alla precedente suddivisione del target. I numeri sono lievemente diversi rispetto alla bozza di un anno fa, ma resta confermato che l’apporto maggiore verrà chiesto alla Sicilia (10,485 GW), seguita da Lombardia (8,766 GW), Puglia (7,387 GW), Emilia-Romagna (6,330 GW), Sardegna (6,264 GW) e Veneto (5,828 GW). Regioni per le quali l’asticella è stata leggermente alzata.

La definizione delle aree e il raggiungimento degli obiettivi

La vera novità della bozza, come detto, riguarda il percorso con cui si arriverà a delineare le aree idonee.

In particolare il DM, si legge all’articolo 1 della bozza (disponibile in allegato), stabilisce “principi e criteri omogenei per l'individuazione da parte delle Regioni e delle Province autonome delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi” Fer, “in linea con il principio della neutralità tecnologica”. Nella bozza di un anno non si faceva riferimento alle Regioni in questo passaggio (e neanche alla neutralità tecnologica).

“In esito al processo definitorio di cui al presente decreto”, prosegue la bozza in circolazione, “le Regioni individuano sul rispettivo territorio: a) superfici e aree idonee: le aree in cui è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse secondo le disposizioni vigenti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199; b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità stabilite dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello Sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni; c) superfici e aree ordinarie: sono le superfici e le aree diverse da quelle delle lettere a) e b) e nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari di cui al decreto legislativo n. 28 del 2011 e successive modifiche e integrazioni; d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199”.

Per dare seguito a queste definizioni, le Regioni procedono con propria legge entro 180 giorni dall’emanazione del DM.

Il Mase, con il supporto del Gse e Rse, provvede al monitoraggio e alla verifica degli adempimenti in carico alle Regioni e Province autonome (art. 4). Al fine di assicurare modalità coordinate e condivise di realizzazione, monitoraggio e verifica degli obiettivi, continua ad operare – si legge sempre nella bozza (art. 5) - l’Osservatorio sugli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili.

In caso di inadempienze interviene il Mase proponendo atti sostitutivi in Cd (art. 6). Inoltre, in presenza di scostamenti negativi dalla traiettoria dei target delineata, dal 1° gennaio 2026 il Mase “invita la Regione o Provincia autonoma interessata a presentare entro trenta giorni osservazioni in merito, al fine di valutare in che misura lo scostamento sia attribuibile all’operato della Regione o Provincia autonoma stessa”. Passaggio quest’ultimo che non era presente nella precedente bozza di DM. Si dà inoltre un tempo supplementare (sei mesi), altra novità, alle amministrazioni interessate per recuperare terreno sul fronte degli obiettivi, prima di esercitare eventuali poteri sostitutivi.

Dove è “idoneo” e dove no installare impianti: principi e criteri

I principi e i criteri omogenei per l’individuazione delle aree idonee sono indicati al Titolo II del provvedimento e in particolare nell’articolo 7 che risulta diverso rispetto alla vecchia bozza di DM e non solo perché tiene conto di quanto dal previsto dal DL Agricoltura n. 63/24 “per l’installazione di impianti fotovoltaici in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.

In sintesi si stabilisce che, ai fini dell’individuazione delle superfici e delle aree idonee e del raggiungimento degli obiettivi come ripartiti, le Regioni tengono conto “della massimizzazione delle aree da individuare (…), senza pregiudizio del principio di tutela dell’ambiente, del territorio, del patrimonio culturale e del paesaggio, della salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità, del potenziale produttivo agroalimentare e del principio dello sviluppo sostenibile (…); della possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto; delle aree immediatamente idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Infine, sono considerate non idonee, si legge sempre all’articolo 7, “le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le Regioni stabiliscono una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di 3 chilometri per gli impianti eolici di 500 metri per gli impianti fotovoltaici”. Le Regioni possono introdurre fasce di rispetto di norma fino a 7 chilometri per la tutela di beni di peculiare pregio, “solo nel caso in cui sia comunque garantito il raggiungimento degli obiettivi” assegnati.











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